Relazione presentata al Convegno “La Nuova Era di latte e derivati” organizzato da Brazzale Science Center in Thiene (VI) il 20-21 giugno 2024
Nel mondo del dairy è possibile riscontrare posizioni nettamente differenziate rispetto alla disciplina di chimica analitica: vi sono produttori pragmaticamente legati a posizioni tradizionali in cui la qualità viene ritenuta risultato conseguente all’agire in conformità a prassi spontanee dettate dalla tecnologia di mestiere, e vi sono produttori che sostengono essere la qualità un mezzo essenziale per il posizionamento di quanto introducono in mercato.
Nell’un caso la considerazione della qualità intesa come rispondenza agli standard aziendali prescinde dall’attività che utilizza a tutto campo la chimica analitica, e considera questa attività come “di prassi”, possibilmente da svolgere all’esterno del cuore aziendale. Nel secondo caso la qualità viene vissuta come presupposto alla produzione, come mezzo che consente di vivere l’ottemperanza a standard come “mezzo parallelo” all’attività di adeguamento al divenire, e quindi alla diversificazione tecnologica e di prodotto. In tal caso la chimica analitica assume posizione interna al cuore aziendale.
Le due visioni si concretizzano diversamente, pur perseguendo lo stesso fine nei riguardi del consumatore. Logico è che le dimensioni, le politiche aziendali e la contingenza aprono il campo a mille posizioni intermedie.
L’analitica degli aromi segue le sorti della chimica analitica, risultando quello degli aromi un mondo “specialistico” nel quale si reputa difficile trovare sempre una collocazione utile da parte della politica aziendale e del marketing.
Senza voler considerare lo stato di fatto attuale alla stregua di un semaforo che non prevede la posizione di “giallo”, si ritiene da parte di chi scrive, che la promozione degli studi sugli aromi e sulla evoluzione spontanea o indotta degli stessi possa produrre indiscutibilmente effetti sorprendenti sulla gestione della produzione nel dairy.
Il tema ora approcciato con estrema semplificazione per ragioni ovvie ed intuibili nel caso di un Convegno, viene proposto proprio con un chiaro fine, che è quello di affermare che l’approccio alla chimica analitica è quel tassello che attualmente manca perché il mondo del dairy possa vedere il sorgere di una “nuova era”: l’era della consapevolezza scientifica, che possa costituire la base d’azione su cui le politiche aziendali possano concordare.
Per presentare un esempio dell’evoluzione che ha accompagnato uno dei temi più sentiti, quello della “maturazione” e che non trova soluzione se non nello studio dell’evoluzione degli aromi, si parla qui brevemente delle applicazioni della chimica analitica degli aromi proprio allo studio della crescita ed evoluzione della “ricchezza aromatica” dei formaggi a pasta dura e degli studi compiuti fino ad oggi.
Sull’evoluzione delle ricerche in campo “caratterizzazione” e maturazione
Il testo che segue dimostra, attraverso le semplificazioni del caso, quanto sia stato differenziato scientificamente l’approccio all’analitica degli aromi nel caso dello studio dei formaggi. La molteplicità dei metodi analitici adottati, che è stata in questo testo esposta in modo limitato per volute ragioni di “esemplificazione”, conduce comunque a considerare necessario un gran lavoro di “unificazione” di molti dei criteri proposti da vari sperimentatori, criteri pur in continua evoluzione.
Resta, da parte degli Autori di questo testo, il messaggio sulla necessità di ricercare criteri “unificatori” dei vari messaggi tecnici-descrittivi proposti dagli sperimentatori. La necessità di unificazione, pur concretamente non semplice, trova la sua giustificazione nell’attuale “distacco” dal mondo della chimica analitica da parte degli operatori della produzione e del marketing del mondo dairy.
Il primo lavoro, pubblicato su Food Chemistry nel 2003, in cui si affronta con rigore scientifico il problema dell’influenza del know-how di produzione su “taste and flavour” di “hard cheeses” è quello redatto da Franco Bellesia et al. del Dipartimento di Chimica dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Il lavoro ha titolo “Volatile components of grana P.R. type hard cheese” e conclude sulla maggior dipendenza dei risultati dalle singole individuali strutture produttive piuttosto che dalla loro posizione geografica. Puntualizzazione importante fu quella dell’influenza della maturazione sulla differenziazione fra i campioni considerati. In particolare, le tecniche impiegate in questa ricerca sono state quelle denominate come SPME analysis e P&T analysis (l’una basata sull’adsorbimento su solid phase, l’altra su strippaggio ed adsorbimento su Carbotrap 300). La finalità raggiunta è stata quella di indicare l’evidenza di una differenziazione fra prodotti di 13-16 mesi, 17-20 e 21-27 mesi, amplificando così lo spettro dell’offerta di mercato.
Nello stesso anno di pubblicazione del lavoro sopra citato, su Food Chemistry and Toxicology, gli Autori M. Qian e G. Reineccius disquisirono sull’influenza delle tecniche analitiche notando che negli studi precedenti di altri Autori le molecole predominanti identificate attraverso spazio di testa in dinamico erano costituite da alcoli, esteri, idrocarburi e chetoni mentre gli acidi grassi liberi e i metil-chetoni erano risultati essere le predominanti molecole identificate con il metodo di estrazione-distillazione in simultanea. Rivelando che gli studi precedenti non avessero sufficientemente considerato gli “odor-active compounds”, tali Autori hanno messo in evidenza che la tecnica di gascromatografia accoppiata a tecnica olfattometrica (GC-O) avrebbe chiarito meglio quale fosse il contributo dei composti “odor-active” all’impatto aromatico globale del P.R. Adottando la tecnica AEDA (aroma extract dilution analysis), quindi accoppiando la tecnica di spazio di testa statico con la distillazione ad alto vuoto si sarebbero identificati i composti molto volatili ma anche i composti meno volatili. I risultati conseguenti all’adozione delle due tecniche combinate hanno permesso agli autori di stilare un elenco di composti costituenti una frazione acidica e neutra costituita da acido acetico, butanoico, esanoico ed ottanoico, ad impatto importante nella tipologia di formaggio in questione, con influenza fondamentale sull’aroma. Ad una serie di altri composti quali etil butanoato, etil esanoato, metionale, fenilacetaldeide, 3-metilbutanale, 2-eptanone, 3-metil butanolo, etil-eptanoato, 2- metilbutanale, dimetiltrisolfuro e 2,6-metilpirazina si attribuirebbe sì una certa importanza per l’aroma di P.R., con predominanza per etil-butanoato, etil-esanoato, ed eptil-butanoato. Sarebbero le molecole di etil-propanoato, etil-pentanoato, butil-2-metil propanoato, etil-ottanoato, -etil-decanoato, propil-butanoato, pentil-butanoato e propil-esanoato a conferire la nota “fruttata” ma con influenza minore sull’aroma globale. A identificare la maggiore o minore attività sull’impatto aromatico sarebbe un indice detto FD (flavor dilution): l’infuenza sull’impatto aromatico sarebbe, secondo gli Autori, affidabile ai composti con più gran valore di FD e il loro lavoro pubblicato contiene l’elenco di una gran serie di molecole tutte responsabili dell’aroma, ma con gradualità identificata con un valore di FD.
Ad impiegare due tecniche in coordinazione per produrre il profilo dei composti odor-addivi con l’una (GC-O) ed i composti volatili con l’altra (PTR-MS) in tre formaggi a pasta dura GP, PR e GT, sono stati E. Boscaini et al., pubblicando il lavoro “Gas-chromatography-Olfactometry (GC-O) and Proton Transfer Reaction- Mass Spectrometry (PTR-MS) analysis of the flavor profile of Grana Padano, Parmigiano Reggiano, and Grana Trentino cheeses”. su J. Agric Food Chem. nel 2003. La tecnica GC-O per olfattometria era quella tradizionale del 1964 introdotta da Fuller et al., mentre la tecnica PTR-MS era quella sviluppata da Lindinger et al. nel 1995, pubblicata con il titolo “Proton transfer reaction mass spectrometry: on line trace gas analysis at ppb level” su Int. J. Mass Spectrum Ion Processes. Nei tre formaggi a pasta dura analizzati e confrontati per GC-O furono identificati in totale 19 composti caratteristici, con note fruttate, burro-caramellate, solforose, patata cotta, formaggio, fungo simili. Le note fruttate sono state attribuite a esteri etil-butirrato, etil-esanoato e 3-metil-butil acetato, chetoni 2-eptanone, aldeidi 3-metil butanale, mentre le note burro-caramellate sono state attribuite al diacetile, e la nota patata cotta al metionale. La nota fungo è stata attribuita all’1-octen-3-one piuttosto che all’1-octen-3-olo. Negli stessi campioni, attraverso la tecnica PTR-MS il profilo dei composti volatili ha consentito di identificare 50 molecole in HS (head space), in quantità variabile fra 1 e 90 ppm. Il lavoro comprende un confronto dettagliato fra le tre tipologie di formaggio a pasta dura esaminate: nelle conclusioni si afferma che in analisi per GC-O il profilo dei formaggi a pasta dura è di fatto costituito da 11-14 composti. Inoltre, ad es., la frequenza di identificazione di dietil butirrato, 2-eptanone ed etil esanoato non mostra valori differenziati per i tre formaggi a pasta dura. Le mappe PCA si considerano utili per differenziare i tre formaggi a pasta dura.
In Flav. Fragr. J. del 2003, M. Qian e G. Reineccius (Department of Food Science and Nutrition, University of Minesota – USA) applicano le tecniche di GC e HS dinamico, oltre alla GC-O per studiare la composizione in sostanze volatili di formaggio PR. Il contributo delle singole sostanze organiche volatili all’aroma nel suo complesso è stato valutato sia con la tecnica definita OSME sia con la tecnica definita AEDA. I valori OSME utilizzano una scala a 10 punti, mentre i valori di diluizione nel sistema AEDA si ottengono riducendo sequenzialmente la dimensione del campione fino ad un volume fisso con gas “purge”. I composti aromatici con alto valore OSME finiscono per avere un valore altrettanto alto in FD. La tecnica du spazio di testa “dinamica” consente di ottenere l’aroma isolato dal solvente ed in tal modo possono essere isolati ed iniettati in colonna sensibili quantità di analiti.
Il lavoro “Potent aroma compounds in Parmigiano Reggiano cheese studied using a dynamic headspace (purge-trap) method” presenta i risultati delle analisi valutati sia in OSME che i valori di FD. Vengono esposti quindi i dati di composizione di PR, considerando più di trenta molecole con valore di FD ca. 1000: acetaldeide (pungente), etil butirrato (fruttato, banana), metionale (patata cotta); con valore FD ca. 500 2-metil propanale (pungente, maltato, verde), dimetiltrisolfuro (cavolo); con valore ca. 250 diacetile (burro), etilesanoato (fruttato); con valore FD ca. 60 furaneolo (cotto). Risultato è che molti composti, considerati in altri lavori come fondamentali nel caratterizzare un aroma di formaggio PR, non presentano in questo lavoro i dati di FD attesi.
Per la caratterizzazione di formaggi diversi dal PG, P. Dirinck e A. de Winne hanno utilizzato la tecnica di Likens-Nickerson per la estrazione e concentrazione di aromi dal Gouda e dall’Emmental (J. Chrom. A, 1999). L’identificazione è stata condotta con GC-MS ed i risultati analitici hanno evidenziato che i 2-metil chetoni da C5 a C15 risultano essere i più importanti costituenti dei campioni analizzati, derivati dalla degradazione dei lipidi formatisi per b-ossidazione e decarbossilazione degli acidi grassi. Un chetone bifunzionale 3-idrossi-2-butanone (acetoina) è risultato presente nel Gouda, derivato dal metabolismo dei carboidrati. La serie altrettanto importante di componenti identificati è costituita dagli acidi grassi liberi. Questo studio (Flavor characterisation and classification of cheeses by gas chromatography-mass spectrometric profiling) ha evidenziato la possibilità di differenziare il Gouda dall’Emmental. Anche i lattoni (d-decalattone e d-dodecalattone) sono stati riscontrati più abbondanti nel Gouda che nell’Emmental. In particolare il d-dodecalattone è stato identificato nel Gouda ma non nell’Emmental. La metodica, senza voler entrare in merito alla descrizione completa delle identificazioni, è risultata atta a fornire dati gestibili statisticamente secondo l’Analisi dei Principali Componenti (PCA).
Ad impiegare la tecnica SPME-MS per ottenere “fingerprint” confrontabili per la valutazione dei componenti volatili sono stati C. Pérès et al., pubblicando un lavoro dal titolo “Solid-Phase Microextraction- Mass Spectrometry: a new approach to the rapid characterization of cheeses” su Anal. Chem. 2001. Tale nuovo metodo ha offerto il vantaggio di minimizzare modificazioni di natura termica, meccanica e chimica della matrice, riducendo il rischio di formazione di artefatti analitici. Il lavoro citato è ricco di descrizioni sulla ottimizzazione dell’operatività del metodo. In particolare, gli Autori illustrano l’importanza della tecnica di normalizzazione ai fini della discriminazione fra formaggi. Altro suggerimento degli Autori è quello dell’uso preferibile delle basse temperature (20 °C) per eseguire le fasi di adsorbimento su fibra.
- Fernandez-Garcia et al. hanno presentato risultati atti a studiare le frazioni volatili di formaggi Zamorano attraverso l’estrazione purge and trap ed impiegando la tecnica GC-MS. Questo lavoro dimostra quanto gli analitici possano essere interessati a studiare le variazioni stagionali della composizione dei formaggi. Il lavoro è pubblicato su Int. Dairy J. (2004) con titolo “Evolution of the volatile components of ewes raw milk Zamorano cheese. Seasonal variation”. Lo studio suggerisce di porre particolare attenzione nell’identificare la variabilità stagionale di alcune molecole costituenti l’aroma: per esempio, nelle esperienze degli Autori sui formaggi considerati, il 2-eptanone mostra concentrazioni più basse nei formaggi in autunno differentemente da quanto avviene per il 2,3-butandione e il 2,3-pentandione. Per quanto riguarda gli alcoli, si è evidenziata una più bassa concentrazione nei formaggi autunnali, con eccezione per l’etanolo e il 2-propenolo, i quali due mostrano essere meno rappresentati nei formaggi prodotti in estate. L’analisi PCA mette in evidenza la correlazione fra intensità dell’odore, intensità della sensazione “pungente” con la presenza di aldeidi ramificate, fenilacetaldeide e acetofenone.
In Int. Dairy J. (2005) S. Mallia della CoRFiLaC (Regione Siciliana) con E. Fernandez-Garcia dell’Instituto National de Investigacion y Tecnologia Agraria y Alimentaria di Madrid et al. pubblicano un lavoro sulla comparazione delle tecniche purge an trap ed SPME per lo studio dei composti aromatici in tre formaggi a pasta dura DOP. Pongono l’evidenza sulla differenza fra i profili della frazione volatile di formaggi ottenuti con le due tecniche estrattive diverse. In particolare, le fibre SPME dimostrano avere maggior capacità estrattiva per sostanze volatili medio ed altobollenti, mentre la tecnica purge and trap mostra maggiore capacità di estrazione verso i composti più volatili. Il lavoro ha titolo “Comparison of purge and trap and solid-phase microextraction techniques for studying the volatile aroma compounds of three European PDO hard cheeses”. L’importanza maggiore che si può attribuire a questo studio è quella di aver messo in evidenza che i profili della frazione volatile ottenuti con due diversi metodi di estrazione per lo stesso identico formaggio risultano realmente differenti. Altra considerazione riguarda l’evidenza della differente espressione dei risultati nei differenti lavori svolti su uno stesso tema.
Degno di nota è il lavoro pubblicato su Foods nel 2019 da H. Z. Castada et al. dal titolo “Swiss cheese flavor variability based on correlations of volatile flavor compounds, descriptive sensory attributes, and consumer preference”. La concreta proposta rilevabile nel lavoro è quella della importante classificazione dei composti volatili in cinque gruppi che possono essere guida utile ai fini della discriminazione fra formaggi differenti a mezzo di criteri statistici o comparativi appropriati. I cinque gruppi sono identificati come segue:
- composti solforati (metilmercaptano, idrogeno solforato, dimetil disolfuro, dimetil trisolfuro e metionale);
- acidi organici (acido propionico, acido acetico, acido 3-metil butirrico);
- aldeidi (3-metil butanale, butanale, 2-metil propanale);
- chetoni (2,3-butandione);
- esteri (etil esanoato).
La mancata considerazione di altri componenti è basata sulla evidenza di uno scarso numero di composti volatili che risultano di fatto correlati positivamente o negativamente ad uno specifico attributo sensoriale: ciò scaturisce almeno dallo studio della comparazione fra diversi formaggi svizzeri.
Ovviamente, l’importanza del lavoro pubblicato è attribuibile al concetto che gli autori inculcano negli sperimentatori che accedono alla lettura e studio dell’articolo scientifico in oggetto: il concetto della necessità (opportunità), trattando di altri formaggi, di adeguare l’elenco dei cinque gruppi prima riportati alla differenziata situazione che riguarda altre categorie di formaggi. L’idea della definizione di “gruppi” di volatile compounds, infatti consente di semplificare il lavoro di classificazione nelle condizioni in cui risulta utile (o necessario) fare “paragoni” nell’ambito di una stessa categoria di formaggi, non ricorrendo alla più difficile comparazione fra risultati analitici rappresentati da tracciati “analiticamente” non interpretabili da tutti.
La bibliografia qui riportata è da considerare estremamente limitata rispetto alla molteplicità delle sperimentazioni svolte e dei lavori pubblicati. La limitazione dell’informazione in tal senso è unicamente dovuta alla considerazione della opportunità, in un convegno destinato alla maggiore unificazione del settore, di fornire ragioni di riflessione sulla necessità di percorrere una strada unificatrice di molti criteri interpretativi inclusi irrimediabilmente nel concetto generale di “qualità”, intesa in senso moderno e non relegato a formalizzazioni di maniera.
Approccio alla caratterizzazione della frazione “volatile organic compounds” nel GM in uso presso il BSC.
L’adozione di tecniche analitiche fra le più sofisticate è nella formula costitutiva del BSC, quando si consideri la istituzionale direzione verso lo studio di problematiche di nutrizione, e non soltanto di chimica analitica.
Nelle logiche di appoggio alla realtà produttiva di Brazzale S.p.A. è importante però disporre anche di mezzi di studio di provata e consolidata applicabilità operativa. In questa ultima sezione si descrive uno dei processi analitici fra più routinari adottati in BSC: quello di verifica dell’andamento della maturazione del formaggio GM.
Adottando le tecniche adeguate a verifiche dello sviluppo degli aromi nel tempo, si è posta preferenza ad una delle tecniche citate nella sezione precedente, quella di “rapid characterization of cheeses” di Christophe Pérés, Christine Viallon e Jean-Luis Berdagué del Laboratoire Flaveur di Francia.
La tecnica è stata adeguata operativamente a seguito di sperimentazioni svolte in BSC in risposta a direttive scientifiche di Tateo-Bononi (UniMi).
Le Tabelle 1 e 2 che seguono mostrano i risultati di una delle verifiche svolte nel corso degli studi sulla maturazione del GM e che si riferiscono alla data del febbraio 2024. I risultati si riferiscono a 4 campioni di GM rappresentativi di 4 stadi di maturazione, operando su batch identico: le due tabelle riportano sia un elenco delle molecole del flavour identificate, sia i valori delle rispettive area counts %.
I grafici riportati nelle Figure 1-4 mostrano l’andamento dei tracciati GC-MS, in forma di istogramma, per i quattro stadi di maturazione considerati. In successiva Tabella 3 si ripropongono i valori di area dei composti aromatici, a tempi differenziati di maturazione, espressi con il criterio dei “gruppi” proposto da H. Z. Castada et al. e della normalizzazione dei risultati numerici, già proposto da Pérès che consente un più immediato paragone fra risultati.
Dal grafico normalizzato a 100, riportato in Figura 5, è spontaneo dedurre quale sia l’andamento della maturazione e quale sia lo stadio di maturazione in corrispondenza del quale l’espressione della frazione aromatica del GM raggiunge il suo massimo grado.
Dagli istogrammi riportati nelle Figure 6 e 7 è possibile dedurre a quali gruppi di composti sia attribuibile l’andamento rappresentato in Figura 5.
Conclusioni
Alla luce di quanto sommariamente esposto in merito alla caratterizzazione della frazione aromatica di formaggi a pasta dura, si può dedurre che le ricerche analitiche fino ad oggi disponibili in bibliografia mostrano una molto larga differenziazione fra le tecniche adottate, e che non è possibile considerare equivalenti i risultati a cui le diverse tecniche adottate conducono. Pertanto è lecita la proposta di adottare una tecnica che conduca ad un confrontabile risultato fra operatori e analitici preposti alle valutazioni, quale che sia il fine a cui le valutazioni siano dirette.
D’altro canto la standardizzazione dei metodi risponde ad una logica eticamente utile, anzi necessaria.
Trasferendo le considerazioni fatte in precedenza ad una più ampia e concreta proposta, non è possibile fare più corretta “proposta” se non quella di sensibilizzare il mondo del dairy ad una più larga adozione della chimica analitica nella gestione non soltanto del controllo di qualità, ma nella gestione della ricerca e sviluppo. Analogo augurio è quello della maggiore tendenza all’applicazione di tecniche analitiche adeguate per lo studio delle problematiche di shelf-life, da conformare a sempre più scientifiche logiche ed operatività. Anche in tale specifico campo la necessità di formalizzazione di metodiche standard trova adeguata spinta per ragioni di consapevole necessità di adeguare le necessità aziendali a più concreta verifica. Concorde anelito dovrebbe essere rivolto ad un più adeguato lavoro di ammodernamento delle verifiche su packaging, cui le pratiche attuali anche di legge non forniscono risposta concretamente utile.
Il tutto perché ci si diriga verso una nuova era di settore, si spera da tutti gli addetti ai lavori preconizzata.
Tabella 1
Tabella 2
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Figura 4
Tabella 3
Figura 5
Figura 6
Figura 7