Il burro e gli impieghi “professionali” in pasticceria

Fernando Tateo (1,2),

Monica Bononi (1,2),

Cinzia Carrozzini (1), Giovanni Brazzale (2)

(1) Food & Environment Research Laboratories – Analytical Chemistry and Technology – Department of Agricultural and Environmental Sciences, University of Milano, Via Celoria 2, Milan, Italy

(2) Brazzale Science Center – Nutrition & Food Research (BSC), Via Monte Pasubio 2, Zanè –Vicenza, Italy

Gli indici caratteristici e la laminabilità

Le caratteristiche reologiche del burro, e quindi di malleabilità degli impasti con burro e con ciò la resa qualitativa dei relativi impasti cotti, non sono relazionabili in modo semplice alla composizione del burro macroscopicamente definita dal contenuto in materia grassa, acqua, sostanze solide non grasse (carboidrati, protidi, altri), minerali.

Non è facile stabilire relazioni “indici-effetto” fra semplici indici analitici e dati reologici, in quanto attraverso semplici misure non è possibile giustificare diversificati comportamenti degli impasti contenenti burro e di conseguenza risulta anche arduo definire valori analitici che possano considerarsi “caratteristici” di diversificate “qualità” reologiche di burro e sua preferibile destinazione. In altre parole non è standardizzabile attraverso indici semplici la qualità reologica e quindi il comportamento alla laminazione degli impasti attraverso dati analitici deducibili unicamente da analisi tradizionali del burro utilizzato. In definitiva, non è possibile prevedere, attraverso le determinazioni analitiche “aspecifiche” come quelle prima citate come fondamentali, le “attitudini” di un burro a rispondere a definite caratteristiche da attribuire a un impasto multistrato quali ad es. lo sviluppo, il grado di rilassamento, l’elasticità in laminazione, l’efficienza in fermentazione.

Sull’argomento si sono espressi già Ooms et al. con il lavoro sul tema “The impact of redox agents on further dough development, relaxation and elastic recoil during lamination and fermentation of multilayered pastry dough su J. Cereal Sci. 75:84-91, 2017” ed anche Lucas T. et al. con il lavoro “The size of eye-shaped bubbles in Danish pastry in relation to the size of fat fragments:a reverse engineeering approach of alveolar structure” su J.Food Eng.237:194-203,2018.

Sull’argomento è disponibile altra ampia bibliografia alla quale non sempre gli operatori del settore accedono, per ragioni di atavica disgiunzione fra scienza ed operatività in settori che “sembrano” essere gestibili tecnologicamente con astrazione da supporto scientifico di base.

A giustificare la difficoltà di realizzare semplice correlazione fra indici “aspecifici” del burro e reologia degli impasti basti considerare che ad esempio il croissant è un prodotto di pasticceria composto nella sua intima struttura da molti strati (fino a più di 100) alternati di impasto e materia grassa. La fine stratificazione del grasso crea quindi una barriera che intrappola il vapore acqueo fra gli strati di impasto durante la cottura: ne deriva la struttura “flaky” (sfoglia friabile) caratteristica del croissant.

Dall’esempio di meccanismo ora brevemente descritto è utile dedurre che è semplicistica oltre che ingenua ipotesi quella di poter relegare l’attitudine di un burro alla tecnologia della laminazione considerandone il “punto di fusione” che di fatto per il burro non è identità analitica che abbia fondamento alcuno. Si dimostra quanto qui affermato, per coloro che desiderino accesso alla verità, dando semplice notizia dell’esistenza di uno strumento analitico di sufficientemente vetusta invenzione detto “DSC” o “Calorimetro a Scansione Differenziale” che è in grado di identificare gli “intervalli di temperatura” in corrispondenza dei quali hanno luogo vari fenomeni sequenziali di fusione che interessano ogni singolo campione di burro. Se ciò non basta per demotivare definitivamente gli assertori del significato qualificante del “punto di fusione” che dovessero tentare di porre un indice “ininfluente” come dato di identità di una “qualità” di burro idonea alla tecnologia “multistrato” aggiungiamo che l’impiego del DSC (calorimetro differenziale) consente di operare secondo il metodo ISO 11357-1:2009 definito da Organismo Internazionale di unificazione delle procedure analitiche.

 

Fattori influenti sulla laminabilità degli impasti

Tenendo ordunque in corretta evidenza l’importanza della conoscenza della calorimetria differenziale come strumento attraverso il quale si dimostra l’esistenza nel burro di una serie di frazioni caratterizzate da “intervalli” di fusione differenti, è opportuno riferire al lettore che da poco più di un decennio Yella Reddy nel 2010 ha pubblicato sulla rivista JAOCS (J. American Oil Chem. Soc., 87:493-497) una nota scientifica sul tema della “Improving plasticity of milk fat for use in baking by fractionation”.

Il processo di frazionamento del burro seleziona i trigliceridi in modo tale da originare due (o anche più) frazioni ognuna delle quali avente percentuale di grassi dal 95 al 98% e denominate “High melt fraction” e “Low melt fraction”. La High melt fraction contiene trigliceridi caratterizzati da maggior contenuto di acidi grassi saturi (SFA) rispetto alla frazione “Low melt” che contiene invece quantità maggiore di trigliceridi caratterizzati da maggior numero di acidi grassi insaturi (UFA). Il processo di frazionamento conduce inoltre a eliminazione della maggior parte dell’acqua, il che si traduce tra l’altro in “concentrazione” della sostanza grassa.

Le due frazioni presentano diverso comportamento in laminazione: la frazione high conferisce maggior forza all’impasto e maggiore estensibilità. Ma vi sono altre differenti caratteristiche, per le due differenti frazioni, che non consentono di assegnare in ogni senso la preferenza nel risultato finale al prodotto preparato e cotto con la frazione “High melt” del burro.

La figura che si mostra qui di seguito altro non è se non l’insieme di tre curve derivate da misura eseguita con DSC (calorimetro a scansione differenziale) sul burro “Controllo”, sulla frazione “High melt” e sulla frazione “Low melt”.

Quanto finora riferito consente al lettore di accedere al significato del termine “frazionamento”. Trattasi di processo di ordine “fisico”, ma destinato a modificare sostanzialmente la composizione chimica del burro d’origine, in quanto crea una selezione nella frazione trigliceridica e nello stesso tempo influisce sulla distribuzione dei composti minori.

Non si entra in disquisizione in questa sede sulle conseguenze dell’operazione di selezione dei trigliceridi del burro: certamente vi sarà chi sosterrà la “irrilevanza” di una selezione di composti naturali mirata ad adeguare il burro a necessità contingenti di utilizzatori-trasformatori. In regime di libertà, v’è chi invece sostiene la opportunità di non intervenire, seppure con i principi del “frazionamento”, su una materia prima che la ricerca scientifica considera “ricca ed utile” così come scaturisce dai processi fondamentali e tradizionali di derivazione del burro dal latte.

 

Tabella 1. Esempio di differenza di composizione in alcuni acidi grassi costituenti i trigliceridi di un burro non frazionato e di due frazioni “Low temp.” e “High temp.”: i dati rappresentano la % di alcuni acidi grassi in 100 g di MG.

                                      non fraz.               fraz. Low                 fraz. High

C4:0                      0.27                       0.40                        0.34

C8:0                      1.30                       1.65                        1.45

C10:0                    3.38                       4.00                        3.99

C14:0                  12.30                     11.30                      16.20

C18:1                  25.00                     32.10                      29.40

Secondo il parere della Direzione Scientifica del Brazzale Science Center (BSC), l’operazione di frazionamento, non contribuendo positivamente in alcun modo alla qualificazione nutrizionale del burro né al rispetto della integralità dell’apporto di nutrienti fondamentali e minori, non risultando tra l’altro indispensabile tecnologicamente se non per burro di per se non adeguato ai processi di laminazione, è da considerarsi “priva di interesse”.  L’integralità del burro si ricorda e si dimostra essere condizione essenziale che consente la riduzione e, per varie produzioni che contemplano l’impiego di burro, anche l’eliminazione dell’uso di additivi.

Protocolli operativi adeguati, che prevedono un attento rispetto di temperature controllate in stoccaggio del burro ed in lavorazione negli ambienti di trasformazione, ivi compreso il contenimento dell’umidità relativa ambientale negli opifici di produzione di paste laminate, rendono assolutamente possibile, e con risultati eccellenti, adeguare la tecnologia di produzione all’impiego di burro “integrale” avente caratteristiche non comuni.

 

Misure chimico-fisiche sui burri atti a laminazione

Varie sono le tecnologie analitiche atte alla verifica di “laminabilità” di un burro, premesso tutto quanto esplicitato nei paragrafi precedenti.

Corre innanzi tutto l’obbligo di evitare che si impieghino espressioni “improprie” per enfatizzare caratteri che possono solo essere messi in luce attraverso appropriate tecniche analitiche complesse del tipo già citato. Atteso che il “punto di fusione” non si possa in alcun modo richiamare a conferma di burro con caratteristiche adeguate ai processi di laminazione, è bene una volta per tutte puntualizzare che “il punto di fusione” detto anche “normale” di un prodotto solido è (per scienza) la temperatura a cui solido e liquido sono in equilibrio alla pressione di 1 atm (D. W. Oxtoby, H. P. Gillis, L. J. Butler, Principles of Modern Chemistry, 2016, 8a Edition). Il burro, ovviamente costituito dall’insieme di più entità strutturali, come dimostra l’analisi per termometria differenziale, può solo permettere di identificare un “intervallo di fusione”. Infatti è solo possibile, durante l’operazione di fusione e con strumentazione appropriata, identificare la temperatura di formazione della prima goccia e la temperatura di raggiunta completa fusione (intervallo di fusione).

Volendo comunque impiegare, in assenza di “punto di fusione”, il dato di “intervallo di fusione”, come misura rappresentativa della resistenza al calore, si ottiene sperimentalmente la serie di dati che qui si riportano per una serie di burri noti sul mercato essere fra quelli più atti ad impiego professionale per pasticceria [Campina (BB14SND 73832), Doux (L327), Carlsbourg (L210942), Prima Italia (L21223AI), Debic (BB14K7D 4818), Tourage (L2791), Nobili (238), Armonie (L21281A), Tourier  (lotto n.d) ].

I dati numerici (espressi in °C) che seguono sono volutamente elencati in ordine casuale e non corrispondente a quello dell’elenco delle denominazioni:

 

  • 32,9 – 36,6; 2) 33,2 – 37,5;   3) 34,0 – 35,6;   4) 33,2 – 38,2;   5) 31,3 – 36,5; 6) 30,3 – 37,2;

7) 33,0 – 35,6;   8) 33,6 – 35,9;   9) 34,3 – 38,2.

 

I valori medi dei min e max degli intervalli individuano l’intervallo “medio” entro cui sono compresi i singoli intervalli:

 

      Intervallo medio (°C): 32,9 – 36,8  

 

Considerando l’intervallo misurato per un campione rappresentativo del “burro superiore Brazzale” (L 5039C) non frazionato ma “integrale” si identifica un “Intervallo di Fusione” pari a [33,2 – 35,4], intervallo compreso quindi entro l’intervallo medio prima calcolato per la serie di burri professionali per pasticceria.

A rappresentare in modo più significativo il grado di malleabilità del burro, si è già detto in altra nota pubblicata su questo stesso sito “Determinazione della viscosità del burro come parametro di qualificazione per una ottimale destinazione d’uso” nella sezione “Innovation & Activities”.

Gli Autori propongono come indice caratteristico preferibile il punto di Incipiente Solidificazione (IS) dedotto dalla curva di viscosità secondo il metodo descritto nell’ultima nota sopra citata.

Si riportano qui di seguito i punti “IS” espressi in °C determinati per viscosimetria sugli stessi burri per pasticceria citati in pagina precedente:

  • 29,4; 2) 32,7; 3) 31,7; 4) 31,7; 5) 31,2: 6) 30,5; 7) 30,5; 8)31,7; 9) 32,0.

Il valore medio è pari a 31,3 (DS 0,989). L’intervallo di confidenza al 99% di attendibilità risulta 30,31 – 32,30.

Il valore di IS misurato su “burro Superiore Brazzale” è pari a 32,5 °C, ed è esterno all’intervallo fluttuazione dei dati che competono alla serie considerata di burri “professionali” del commercio. Non identificandosi per tecnologia produttiva con un prodotto derivato da frazionamento, il valore di Incipiente Solidificazione non si discosta sensibilmente dal valore massimo dell’intervallo di confidenza (distribuzione) relativo ai burri ad impiego professionale per pasticceria. Si riconferma la viscosimetria come mezzo utile di caratterizzazione del burro, al pari di quanto consente il metodo della calorimetria differenziale.

Conclusioni

Sono stati considerati alcuni metodi analitici utili alla possibile identificazione di burro derivato da frazionamento e destinato ad uso professionale in pasticceria, esponendo i principi del processo di frazionamento e citando criteri alternativi a quello della misura dell’intervallo di fusione, che non permette discriminazioni.

Il metodo viscosimetrico permette, al contrario di altri, di fornire informazioni sul frazionamento avvenuto. Sostenendo la preferenza per burro “integrale” anche in campo professionale, si è voluto caratterizzare e differenziare il “burro superiore Brazzale” attraverso viscosimetria, vista e documentata l’efficienza attraverso l’impiego di protocolli operativi adeguati.

Il lavoro permette di riaffermare l’opportunità di adottare, anche per operazioni di laminazione in pasticceria, un burro integrale derivato da controllata e specifica tecnologia di produzione oltre che da qualificata “filiera” del latte.

Questo lavoro prelude ad una disquisizione appropriata sulla possibile adozione della gascromatografia degli acidi grassi, accoppiata alla spettrometria di massa per la differenziazione dei burri frazionati da quelli “integrali”. Il Centro BSC ha già all’attivo applicazioni probanti della efficienza, per il fine descritto, del citato metodo GC/MS degli acidi grassi costituenti la MG del burro.

burro e gli impieghi professionali in pasticceria

 

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